affiliate marketing il blog di francoNerofumo: colpo della strega metodi per combatterla

2 ago 2009

colpo della strega metodi per combatterla

Chi ha detto che non si può
far nulla per il colpo della strega?
Anche quando non si trova una causa, non è vero che il mal di schiena non si può curare


A chi è bloccato dal colpo della strega o tormentato da una lombalgia cronica non si può solo dire che deve rassegnarsi a convivere con il dolore. Lo sostengono, dalle pagine di Rheumatology , Majid Artus e Daniëlle van der Windt, due esperti dell’Arthritis Research Campaign National Primary Centre dell’Università di Keele, in Gran Bretagna, che rassicurano: strategie per combattere il dolore esistono e possono dare risultati soddisfacenti. Il loro intervento ribatte alle sconfortanti conclusioni di un gruppo di studiosi australiani che il 24 dicembre avevano fatto uno sgradito regalo di Natale a tutti coloro che soffrono di mal di schiena. Dopo aver passato al setaccio più di settanta studi che prendevano in considerazione 34 diversi tipi di cura, gli australiani erano infatti giunti alla conclusione che nessuno di questi trattamenti lenisce in maniera significativa la lombalgia acuta o cronica, quando questa non ha una causa specifica.

DIFFERENZE INDIVIDUALI - «Questi studi su larga scala» obiettano i due editorialisti «presentano vantaggi ma anche rischi. Per esempio fanno perdere di vista le differenze individuali nella risposta alle terapie». «E’ vero» commenta Paolo Gaetani, capo sezione della neurotraumatologia nel reparto di neurochirurgia dell'Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano). «In questo caso i grandi numeri non riflettono bene la realtà del singolo, perché ogni malato è diverso dall’altro e sulla base di diversi fattori, come l’età, la postura, la presenza di osteoporosi e così via, vanno presi in considerazione diversi possibili trattamenti. Non esiste una cura che funziona per tutti, ma non si può nemmeno dire che non ci sono maniere efficaci per eliminare o ridurre il dolore».

LA VALUTAZIONE DELL'EFFICACIA - L’altro punto su cui si concentra l’attenzione dei due editorialisti è proprio la misurazione dell’efficacia delle cure. La maggior parte degli studi quantifica il dolore in una scala da 0 a 100 e stabilisce che una riduzione di oltre 10 punti è da ritenere «piccola» e una di 20 «moderata». «Ma considerando che in media il dolore lamentato da chi soffre di lombalgia è quantificato tra i 50 e i 60 punti, una riduzione di 10 punti significa un miglioramento del 15-20 per cento» puntualizza Artus. «Non è un vantaggio da poco, se si considera la diffusione di questo disturbo e quanto questo incida sulla vita quotidiana e la produttività di una persona». «Ecco perché le scale che misurano solo il dolore in sé non sono adeguate a quantificare l’efficacia di un trattamento» interviene Gaetani. «Ormai si preferiscono questionari che valutano la qualità di vita di una persona prima e dopo la cura». Per il malato, infatti non conta tanto se il dolore è calato del 10 o del 20 per cento, ma se il miglioramento è sufficiente per consentirgli attività che prima non riusciva a svolgere, per esempio andare al cinema o lavorare, anche se la schiena gli fa ancora un po’ male. «Soffermarsi solo sul dolore in sé è riduttivo» conclude il neurochirurgo milanese, «perché il dolore è solo la manifestazione finale di un malessere che ha in sé anche una componente psicosociale». Per esempio alcuni sintomi depressivi, assieme alla sensazione di essere malati e condizionati nelle attività quotidiane, influiscono molto sulla percezione del dolore. Ecco perché i programmi di intervento più innovativi tengono sempre più spesso conto anche di questi aspetti che non possono mai essere trascurati.

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